25/11/12

La base della prossemica canina.
Ponendo sempre attenzione a razza, sesso, età e soggettività,retaggio etc.

La prossemica è fa parte della comunicazione paraverbale che specifica la disposizione del corpo nei confronti dell’altro.
1 ZONA PUBBLICA: Tra cani ESTRANEI, senza nessun contatto, per esempio l’incontro per strada (curvando) ma senza interazione. 
2 ZONA SOCIALE: viene utilizzata tra cani che non si conoscono bene, si annusano e si allontanano, come un convenevole.
3 ZONA INDIVIDUALE: E’ usata tra cani AMICI, c’è il contatto per esempio durante il gioco durante il gioco.
4 ZONA INTIMA : E’ usata tra partner , dove il contatto fisico denota molta confidenza, serenità e intesa.

Serendipity asd


15/11/12

Incontro tra cani...

Incontro tra cani...al guinzaglio
Le presentazioni tra cani che non si conoscono dovrebbero avvenire in libertà. Purtroppo nella vita di tutti i giorni ciò non è possibile e pertanto possiamo attuare delle accortezze per rendere l’incontro piacevole e positivo, e privo di fraintendimenti che potrebbero insorgere in liti o possibili litigi: come fare incontrare i cani frontalmente con il guinzaglio teso (1). Quando vogliamo fare in
contrare due cani, ogni binomio dovrebbe fare attenzione alla traiettoria, percorrendo una curva e premiando il cane ogni volta che da segni di rilassatezza, e giungendo all’incontro con i guinzagli NON in tensione. Fare sì che i cani abbiano la possibilità di annusarsi liberamente (2). Allo stesso modo, il saluto di commiato andrebbe compiuto dopo che i cani si sono felicemente conosciuti avendo mostrato piacevolezza nell’interazione, scodinzolando etc (3). In tutto ciò il ruolo del proprietario dovrebbe fungere da mediatore ( conoscere bene la comunicazione del cane) e qualora ci fossero dei segnali di disagio da parte del cane, saperli cogliere e interrompere la situazione, “anticipando” eventi spiacevoli, chiudendo l’interazione in maniera positiva. Ognuno se ne andrà per la sua strada serenamente.



Segnali calmanti

I segnali calmanti sono usati dai cani per prevenire minacce, placare il nervosismo, la paura, e le situazioni spiacevoli. Possono essere rivolti sia ad altri individui per far capire le proprie buone intenzioni e far sentire l’altro più sicuro, che a se stessi, quando si sentono a disagio.
I cani, come i lupi e altre specie, sono animali sociali,

 e fanno quindi tutto il possibile per evitare lo s
contro e risolvere i conflitti.

Dovremmo imparare a osservare questi segnali, capire cosa sono, come sono usati e in quali situazioni, per comprendere meglio il nostro cane e instaurare con lui una relazione migliore.
Spesso i segnali consistono in movimenti così rapidi che bisogna prestare molta attenzione e fare un po’ di pratica per coglierli.
Eccone alcuni:
1) Mettersi a terra o sedersi(Può avere valore auto-distensivo e pacificatorio),
2)Annusare (il soggetto potrebbe non volersi far notare),
3)Grattarsi ( il cane potrebbe anche essere stressato),
4) Scrollarsi (cambiamento di stato d’animo),
5) Girare lo sguardo e guardare altrove (pacificazione), 
6)Leccarsi il naso (il cane potrebbe essere a disagio),
7) Girare la testa, (sono in pace)
8)Socchiudere gli occhi o sbattere le palpebre( pacificazione),
9) Sbadigliare (calmante o auto-calmante),
10) Voltarsi di lato, dare le spalle o fingere di ignorare che l’altro (non voglio più interagire…), 
11) Mettersi in mezzo (schermare possibili conflitti),
12) Stare fermo in posizione di gioco.
…e poi Immobilizzarsi, Usare movimenti lenti, curvare, Agitare la coda, …
Da Turid Rugaas “L’intesa con il cane: i segnali calmanti”


12/10/12

scambio
Giochiamo insieme! - Scambio - collaborazione - relazione!
Scambiare un oggetto con il cane aumenta la collaboratività e fortifica la fiducia del cane nei confronti del proprietario. Il cane impara così che non gli si vuole rubare una risorsa ma scambiarla con un'altra.
Questo farà in modo che il cane diminuisca la possessività e sia più invogliato a cooperare con 
il proprietario piuttosto che tenersi la risorsa, portarla in cucccia e magari distruggere le nostre scarpe preferite, e con il rischio che la difenda.
Alle volte poi, può capitare che i nostri cani (cuccioli) siano particolarmente attratti da oggetti che noi custodiamo gelosamente, incuriosendoli così ad esplorarli, alla prima occasione...

30/09/12

Qualche regola su carezze e manipolazione


Capita frequentemente che molti cani, per motivi filogenetici e ontogenetici (sviluppo), non abbiano una buona consapevolezza del proprio corpo e di conseguenza non amano  essere manipolati e accarezzati.
Sia con un soggetto in età evolutiva sia con un soggetto adulto, possiamo iniziare un percorso graduale di manipolazione per fare in modo che aumenti il piacere del contatto con le nostre mani.
E bene ricordare che tutto ciò va fatto in comodità, sia il cane sia il proprietario devono essere in una condizione di rilassatezza.
Chiameremo zone Fredde quelle che non creano motivo di disagio se tocchiamo il cane, e generalmente è il tronco del suo corpo. Le zone Calde solitamente sono gli arti, la testa e il posteriore.
Partendo dalle zone non problematiche, possiamo usare il dorso della mano che è più delicato, sfiorando il cane fino a che non mostra segni di disagio, andando via via a trasformare le zone calde in fredde.
 Secondo le caratteristiche del cane valuteremo se usare il dorso o il palmo della mano e una pressione adeguata seguendo sempre il senso del pelo. Ad ogni modo la parte finale della carezza dovrà terminare in modo più dolce, con la mano che scivola via facendo sempre meno pressione. Gli obiettivi sono: cercare di diminuire il più possibile le aree problematiche aumentando le zone fredde e favorendo nel cane la consapevolezza del proprio corpo, rendendolo così un soggetto più sicuro e sereno. Questo sarà di aiuto anche in tutte le attività quotidiane, o se dobbiamo portare il cane dal veterinario o dal toelettatore.
Ricordiamo che è sempre fondamentale non dimenticare la soggettività, in altre parole, un cane può amare i grattini sul posteriore e un altro prediligere i massaggi sul collo.
Le carezze


22/09/12

Linee base per l'approccio al cane


Linee base per l'approccio al cane.

Quando ci approcciamo a un cane sconosciuto, dovremmo sempre fare attenzione alla sua comunicazione perché potrebbe essere un cane troppo irruente, un cane timido o spaventato etc., pertanto dobbiamo curare anche la nostra comunicazione (soprattutto la comunicazione non verbale) se vogliamo interagire con lui. Avviciniamoci al cane facendo una curva, senza andargli incontro direttamente e frontalmente, con movimenti lenti e rilassati e senza fissarlo. Cerchiamo di rimanere eretti ponendo il nostro corpo a trequarti rispetto al suo; manteniamo una certa distanza in modo da non invadere lo spazio “intimo”, e di sicurezza per entrambi. Anche la nostra mimica facciale ha molta importanza e pertanto è opportuno avere espressioni rilassate e dolci, non minacciose.
Con un cane eccitato o irruente dovremmo inoltre badare al nostro abbigliamento, evitando indumenti “svolazzanti” che potrebbero ulteriormente eccitarlo. A questo punto possiamo valutare se presentarci o no. Se il cane ci salta addosso, o se solamente inizia a saltellare, diamogli le spalle allontanandoci.
Anche con un cane timoroso dobbiamo badare al nostro abbigliamento, poiché potrebbe spaventarsi. Avviciniamoci al cane senza invadere la sua sfera intima, sempre con calma e rilassatezza, senza ritmi scostanti. Accucciamoci dandogli le spalle o restando di fianco rispetto a lui senza invadere la sfera individuale, evitare lo sguardo diretto e minimizzare al massimo i movimenti del corpo. Se il cane si avvicina, facciamoci annusare la mano, dandogli comune modo di esimersi da ulteriori interazioni costrittive e permettendogli di allontanarsi spontaneamente.



29/08/12

A scuola di Affido

Il canile rappresenta oggi uno dei nodi cruciali del rapporto uomo-animale, e fino ad oggi è stato spesso affrontato essenzialmente con un approccio sanitario e/o protezionista. Noi vogliamo invece pensare il canile come luogo di transito, non di soggiorno o reclusione. Il progetto ha quindi come obiettivo un intervento di training volto a migliorare l'indice di adottabilità dei cani ospiti nella struttura, in questo caso il "Rifugio di Villotta", e favo rire adozioni consapevoli. Per realizzare ciò è indispensabile la presenza di un istruttore cinofilo per la valutazione dei cani e il coordinamento  di un successivo lavoro accurato e mirato per ogni soggetto e la preziosa collaborazione di un educatore cinofilo, e la cooperazione degli operatori e dei volontari che desiderano partecipare. "A scuola di affido" é un progetto di Daniela Puiatti, istruttore cinofilo con approccio cognitivo-zooantropologico.


Bistecca è un A. Pit Bull terrier di circa 7 anni, sterilizzato. E' arrivato al Rifugio di Villotta di Chions (Pordenone), dopo un succedersi di famiglie inadeguate. Ora sta finendo il suo percorso "a scuola di affido", progetto volto ad aumentare l’indice di adottabilità dei cani ospiti nel rifugio. E’ un cane tranquillo e collaborativo con le persone, non va d’accordo con gli altri cani ma se ne incontra tende a ignorarli. Ama portarsi in passeggiata la pallina con la quale poi desidera giocare insieme al suo amico umano. Gli piace perlustrare e fare giochi di ricerca durante le passeggiate, che con lui sono sempre tranquille (non tira al guinzaglio). Con Bite è possibile andare al bar e al ristorante perché è veramente molto educato. E’ goloso, e si vede… ma non vorace e molto delicato a prendere il cibo dalle mani. Per lui cerchiamo persone che siano disposte a farsi guidare con un inserimento graduale in famiglia, a controlli Pre e Post affido e che non abbiano altri cani né altri animali. Per info 3476479723

31/07/12

Benessere psicofisico dal veterinario

Benessere psicofisico



Lo studio veterinario per alcuni dei nostri pet potrebbe essere problematico. E' ricco di odori non percettibili all'olfatto umano che potrebbero mettere in difficoltà i nostri amici, è un luogo in cui non sempre si vivono belle esperienze. Atri ancora potrebbero aver avuto una scarsa socializzazione. Portiamo i nostri per dal veterinario facendogli vivere sempre un'esperienza positiva.
Inoltre ricordiamoci che un'adeguata prevenzione mette al riparo da spiacevoli malattie.

28/07/12

Sono un piccolo uccellino

Libertà

Sono un piccolo uccellino | cui i bei voli hanno vietato. | Canto qui e sera e mattino | per colui che m'ha ingabbiato; | e se al Cielo così piace | in prigione trovo pace. || Non si ferma ad ascoltare | quello a cui volgo i miei canti; | si curvò per afferrare | le mie ali un tempo erranti. | Su di me, ecco, improvviso | 
per udirmi piega il viso.
 Louisa May Alcott

12/07/12

Cenni di Referenza Animale





Una qualsiasi difficoltà può essere superata attraverso l'azione referenziale di un altro cane capace di mostrare il modo corretto di affrontare una situazione. Il punto di riferimento del conspecifico è  importante perché attraverso neuroni specchio (imitazione,comprensione, condivisione) permette il passaggio diretto dello stato cognitivo che potrebbe essere problematico per l’altro cane..
Il cane tutor deve avere ottime competenze sociali interattive e comunicative e non essere competitivo nei confronti degli altri cani.







10/07/12

Mente e Linguaggio negli animali. Introduzione alla zoosemiotica cognitiva.



Felice Cimatti, Roma, Carocci, 1998
Recensione di Daniela Manno (30/04/01)
Già nel 1963, il semiologo statunitense Thomas Sebeok, coniò il termine zoosemiotica per intendere quella "dottrina" dei segni, come egli stesso preferiva chiamarla, che attraversando trasversalmente la linguistica, l’etologia e la zoologia, doveva occuparsi dei sistemi di comunicazione del mondo animale non-umano.
Ma con il passare del tempo il campo di ricerca della zoosemiotica è divenuto, quasi esclusivamente, appannaggio dell’etologia.

Felice Cimatti nel libro proposto recupera la visione di Sebeok secondo cui la semiosi attraversa sia il mondo animale umano che quello non-umano ma se distacca procedendo in una direzione diversa. Infatti, guardando la questione da una prospettiva cognitivista, Cimatti, sostiene l’esistenza di una mente negli animali non-umani. Mente, intesa come insieme di abilità, che permetterebbe l’acquisizione di un linguaggio in molti casi complesso, e soprattutto favorirebbe l’intervento di una mediazione cognitiva nel processo semiotico di interpretazione.
Quindi il linguaggio articolato non sarebbe una prerogativa dell’uomo, considerato da molti l’animal simbolicum per eccellenza, ma si potrebbe ritrovare, con diversi gradi di complessità, anche in specie inferiori. La dimostrazione di tale assunto è condotta rifacendosi a quella che è la prospettiva ecologica gibsoniana ovvero quel metodo di analisi che studia le specie viventi in una relazione di circolarità con il proprio ambiente, con il proprio Umwelt (mondo fenomenico soggettivo), per dirla come il biologo estone von Uexküll. I sistemi di comunicazione vengono qui considerati come strutture biologiche ed in quanto tali, influenzati dall’ambiente fisico e cognitivo in cui sono inseriti.
Cimatti, da subito, tiene a sottolineare che la mente é un prerequisito per l’acquisizione e l’uso di un linguaggio, ma che non tutti i sistemi dotati di mente sono capaci di realizzarlo e tanto meno sono capaci di interazioni semiotiche. Moltissime specie infatti agiscono per interazioni dirette secondo quello che è lo schema comportamentista stimolo-risposta. Ciò vale soprattutto per quelle interazioni basate sull’emissione di segnali chimici come i feromoni, presenti nelle formiche e in altri tipi di animali non-umani.
Ma tendenzialmente la capacità di comunicare attraverso interazioni semiotiche è diffusa in larga parte nel mondo animale. Ce lo testimoniano, ad esempio, gli studi degli etologi Seyfarth e Cheney sui cercopitechi, scimmie che vivono nella savana del Kenya, con una vita sociale molto ricca. I cercopitechi utilizzano tre tipi di segnali d’allarme classificando i predatori a seconda se questi arrivino dal cielo o dalla terra, e in quest’ultimo caso se abbiano due oppure quattro zampe. Tali segnali dalle caratteristiche semiotiche, in quanto sono accoppiamenti convenzionali ed arbitrari di contenuto-espressione, dimostrano la capacità cognitiva dei cercopitechi di astrarre concetti dalla realtà formando delle classi di significato funzionali ai propri bisogni. Sanno, inoltre, tenere conto del contesto tanto è vero che se sono soli non emettono nessun segnale e provvedono a nascondersi, e del cotesto ovvero di precedenti segnali emessi da altri individui del proprio gruppo.
Inoltre animali dotati di mente sanno gestire la variabilità, elemento che differenzia la comunicazione nei sistemi biologici rispetto a quella dei sistemi meccanici, estendendo il significato di un segnale anche a situazioni che non sono referenti dello stesso. La nota danza comunicativa delle api, come evidenziano gli studi di Von Frish, solitamente informa circa la collocazione e la distanza di fiori ricchi di nettare ma viene utilizzata anche per indicare una fonte d’acqua o ancora un sito dove costruire un nuovo alveare, secondo quelli che sono i bisogni del momento.
Un ulteriore dimostrazione del fatto che i sistemi di comunicazione del mondo animale non seguono un modello lineare, è la presenza della menzogna. Può mentire solo chi ha una mente che gli conferisce la capacità di dissociare un segnale dal proprio contenuto. I cercopitechi, ad esempio, spesso emettono segnali di allarme anche quando il pericolo non è presente perché vogliono allontanare un rivale in amore oppure conquistare il cibo dei propri simili.
Inoltre il linguaggio, così come nella specie umana, anche nei non-umani assolve a diverse funzioni come quella di esprimere il proprio stato d’animo, dare ordini, rinsaldare i legami con il gruppo ed informare circa l’ambiente circostante. Viene a tal proposito riportata la classificazione del linguista russo Jakobson delle funzioni presenti in ogni atto comunicativo. Ma siccome tale classificazione è riferita ad uno schema lineare della comunicazione in cui non è prevista la fase della mediazione della mente, Cimatti aggiunge una funzione che chiama "cognitiva", riguardante il cambiamento dei comportamenti nelle specie che posseggono un linguaggio.
I cambiamenti a cui ci si sta riferendo sono dimostrati anche dai numerosi esperimenti fatti dagli anni ’70 ad oggi, ed analizzati nel testo, sulla cosiddetta comunicazione interspecifica, cioè quel tipo di comunicazione che avviene fra soggetti appartenenti a specie differenti.
Da tali ricerche si evince che molti animali ed in particolare gli scimpanzé, hanno la capacità di "segnare" molto bene e di apprendere svariate centinaia di segnali codificati in linguaggi naturali o artificiali.
Le critiche che, però, arrivano a chi pensa che gli animali siano dotati di abilità cognitive tali da acquisire ed usare autonomamente linguaggi complessi, sono molte. I critici ritengono infatti che sia solo un Clever Hans Phenomenon, (fenomeno che prende il nome dal cavallo Hans, ritenuto in grado di svolgere operazioni aritmetiche) ovvero che i risultati conseguiti siano frutto di un ammaestramento e di condizionamenti, anche involontari, da parte degli sperimentatori. D’altro canto condurre esperimenti in una condizione emotion free, cioè senza nessun tipo di coinvolgimento emotivo da parte di chi sperimenta, condizione ideale secondo Sebeok, è a dir poco impossibile o comunque falserebbe i risultati. Nessun individuo di qualunque specie, neanche di quella umana, svilupperebbe un linguaggio se vivesse isolato e non avesse modo di comunicare con un altro essere vivente.
L’autore sostiene che questo tipo di ricerche si rivela utile per osservare le forme di realizzazione della comunicazione interspecifica in modo da poter ricercare quei prerequisiti naturali che sono alla base del linguaggio, compreso quello della nostra specie. Prerequisiti che vengono definiti "universali bio-semiotici" e che indicano un complesso di caratteristiche di ogni linguaggio naturale proprio di un organismo biologico in grado di utilizzare strumenti semiotici.
I linguaggi naturali sono strutture complesse e come tutte le strutture complesse andrebbero analizzati nella loro storia evolutiva, inseriti nelle pratiche sociali e culturali delle nostre società e non nella loro semantica e sintassi prese isolatamente come fa un po’ tutta la linguistica moderna seguendo la posizione di Noam Chomsky. Solo prendendo come riferimento l’evoluzione si può dimostrare che mente e linguaggio coevolvono: molte delle attività cognitive sono influenzate dal linguaggio che va ad assumere un valore adattivo ampliando la gamma di comportamenti possibili di una specie nel proprio ambiente. Molto probabilmente, ad un certo punto della nostra storia evolutiva gli umani, che già avevano sviluppato un linguaggio, grazie ad un contesto sociale particolarmente complesso, hanno iniziato ad usarlo per educare i loro piccoli e soprattutto per pensare sviluppando coscienza di sé.
Quindi, la specificità dei linguaggi umani non va ricercata né nel presunto concetto di onniformatività, cioè della capacità di esprimere qualsiasi significato, né nell’uso di un canale vocale-uditivo e tanto meno in delle capacità cognitive superiori innate ma al contrario va assunta la posizione di Darwin che crede ci sia stato un passaggio da una forma semplice ad una più complessa, tenendo conto della specificità di ogni forma di vita in relazione con l’ambiente.
L’argomento proposto è trattato molto seriamente senza mai risultare di difficile interpretazione. Cimatti non dà nulla per scontato e cerca di fornire spiegazioni di ogni concetto proposto. Una buona base per chi fosse interessato ai fondamenti biologici della comunicazione e anche per quei lettori non specialisti incuriositi dai sistemi di comunicazione degli animali non-umani.

Zoosemiotica cognitiva

Indice
Premessa di D. Gambarara
Introduzione
Capitolo 1 — Interazione diretta ed interazione semiotica
1.1 - La soglia semiotica; 1.2 - Interazioni non semiotiche (1.2.1 — Il modello ingegneristico della comunicazione; 1.2.2 — Il codice genetico e la ‘comunicazione cellulare’; 1.2.3 — L’inganno non semiotico; 1.2.4 — Relazioni unidirezionali; 1.2.5 — La comunicazione chimica; 1.2.6 — Stimoli, meccanismi scatenanti ed evocatori); 1.3 - Due tipi di errore; 1.4 - L’interpretazione come processo cognitivo; I.5) LA comunicazione nei linguaggi animali; I.6) Il ruolo del ricevente; 1.7 - Comunicazione e ruolo dell’ambiente; 1.8 - Comunicazione ed espressione
Capitolo 2 - Le funzioni nei linguaggi animali
2.1 — Funzione referenziale (2.1.1 — Significato e referente; 2.1.2 — La danza delle api; 2.1.3 — I segnali d’allarme dei cercopitechi; 2.1.4 — Rilevanza biologica della funzione referenziale); 2.2 — Funzione conativa (2.2.1 — Far fare agli altri ciò che si vuole; 2.2.2 —L’inganno semiotico); 2.3 Funzione fàtica; 2.4 — Funzione espressiva (2.4.1 — riconoscimento individuale: all’origine dei nomi propri); 2.5 — Funzione metalinguistica; 2.6 — Funzione estetica; 2.7 — Funzione cognitiva
Capitolo 3 — La comunicazione interspecifica
3.1 — Storia degli esperimenti (3.1.1 — Parlare con le mani: Washoe; 3.1.2 — Sarah, la scimmia che legge; 3.1.3 — Lana e lo yerkish; 3.1.4 — Koko; 3.1.5 — Dialoghi bestiali; 3.1.6 — Alex, il pappagallo parlante; 3.1.7 — I delfini ci capiscono; 3.1.8 — Chantek l’orango; 3.1.9 — Kanzi e Mulika, gli scimpanzé poliglotti); 3.2 — Le critiche: cavalli astuti e scimmie passive (3.2.1 — Essere o apparire; 3.2.2 — Nim Chimpsky e la grammatica; 3.2.3 — A che serve una parola?); 3.3 — Conclusioni
Capitolo 4 — Linguaggio umano e linguaggi non umani
4.1 — Continuità vs discontinuità; 4.2 — I vincoli e il linguaggio; 4.3 —Universali bio-semiotici (4.3.1 — Ritualizzazione e origini del linguaggio; 4.3;2 — Percezione e linguaggio; 4.3.3 — La sintassi della percezione); 4.4 — Il canale vocale-uditivo; 4.5 — Scrittura, metalinguaggio e coscienza; 4.6 — Conclusioni: mente e linguaggio negli animali

PERCHE' AMIAMO I CANI, MANGIAMO I MAIALI E INDOSSIAMO LE MUCCHE


Libro di Melanie Joy
Animali


Un libro altamente significativo che potrebbe cambiare il modo in cui la società si pone sulla questione del mangiare gli animali. Contro l’ideologia del carnismo. Un processo alla cultura della carne e alla sua industria.

Molti di noi inorridiscono al solo pensiero che a tavola ci possano servire carne di cane o di gatto. Il sistema di credenze alla base delle nostre abitudini alimentari si fonda infatti su un paradosso: reagiamo ai diversi tipi di carne perché percepiamo diversamente gli animali da cui essa deriva. In modo inconsapevole abbiamo aderito al carnismo, l’ideologia violenta che ci permette di mangiare la carne solo "perché le cose stanno così".

Melanie Joy (psicologa e docente di psicologia e sociologia presso l’Università di Boston. Autrice di una serie di articoli di psicologia, sulla difesa degli animali e la giustizia sociale, pubblicati su numerosi periodici e riviste, è la principale ricercatrice sul carnismo, l’ideologia che giustifica il mangiare la carne degli animali ) analizza le motivazioni psicologiche e culturali di questa "dittatura della consuetudine" e della sua pervasività; di come, attraverso la rimozione, la negazione e l’occultamento dell’eccidio di miliardi di animali, il sistema in cui siamo immersi mantiene obnubilate le coscienze, fino a persuaderci che mangiare carne più volte al giorno sia naturale, normale e quindi necessario.

Intervistando i vari protagonisti dell’industria della carne, esaminando le cifre dei suoi profitti e dei suoi disastri ambientali, mette in luce gli effetti collaterali sulle "altre" vittime: chi lavora negli allevamenti intensivi e nell’inferno dei mattatoi industriali di ogni latitudine; i consumatori sempre più esposti ai rischi di contaminazioni e insalubrità; l’ambiente stesso, e il nostro futuro sul pianeta.


28/06/12

Approccio cognitivo zooantropologico

L’approccio cognitivo definisce il comportamento come l’espressione di uno stato mentale.
Significa che il cane è un soggetto dotato di pensiero, capace e libero di "scegliere" le opportunità che offre il mondo e quindi in grado di imparare, sviluppando il sistema mente (approccio sistemico).
La zooantropologia studia il rapporto uomo-animale nelle loro relazioni. Nel percorso zooantropologico l’obiettivo è sostenere la relazione ampliando le predisposizioni-capacità sociali e relazionali dell’animale. Lo scopo è realizzare un gruppo affiliativo agendo sul cane per relazionarsi al compagno umano e per integrarsi nella società umana e si agisce sul partner umano per imparare a relazionarsi e integrarsi con il cane. La relazione uomo-cane è un momento d’incontro in cui entrambi si confrontano e pertanto il training cognitivo-zooantropologico pone sempre attenzione alla soggettività, all’alterità animale (diversità, non inferiorità) e al contesto in cui vive l’intero gruppo-famiglia.
Non adottiamo metodi coercitivi.
I nostri percorsi sono svolti con un approccio che rispetta totalmente il benessere psicofisico del pet, affiancando i proprietari per instaurare una relazione piacevole ed equilibrata con i loro cani.